Gli immobili della criminalità organizzata

Viaggio alla scoperta dei beni confiscati in Sardegna

Inchiesta degli studenti del corso di Comunicazione e partecipazione politica dell'Università di Sassari
Ultimo aggiornamento dei dati: 01/02/2018
(Nella foto: l'accesso diretto alla spiaggia dal giardino condominiale di un appartamento confiscato alla mafia a Golfo Aranci)

Gli immobili confiscati alla criminalità organizzata

In Sardegna sono 102 i beni immobili confiscati in via definitiva alla mafia, secondo i dati messi a disposizione da ANBSC su Open RE.G.I.O. Parliamo di enormi quantità di ricchezze sottratte ad associazioni mafiose destinate a nuova vita per scopi sociali o istituzionali.

Le leggi che hanno rivoluzionato il panorama italiano in materia di confisca dei beni alla mafia sono state: la L. 646/82 (Rognoni-La Torre) che prevede la confisca dei beni dai soggetti accusati di associazionismo mafioso e introduce un nuovo articolo al codice penale, il 416 bis, e la L. 109/96 sul riutilizzo dei beni confiscati alle mafie proposta nel 1995 in seguito ad una raccolta firme promossa dell’Associazione Libera. Altra svolta importante nel panorama normativo è rappresentata dal codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (D.lgs 159/2011) che si è posto come punto di riferimento completo per migliorare l'efficienza delle procedure di gestione, destinazione e assegnazione dei beni confiscati. Con la recente modifica del codice antimafia (L. 161/2017) sono state introdotte nuove misure di prevenzione che hanno ampliato i possibili destinatari.

Il processo che porta dalla confisca all’assegnazione e all’effettivo utilizzo del bene può durare dagli otto ai dieci anni (come descritto nel report Riprendiamoli) e prevede che l’Agenzia Nazionale (ANBSC), che prende in consegna i beni confiscati, li trasferisca nel patrimonio indisponibile dello Stato o degli Enti locali, in particolare i Comuni che possono usarli per fini istituzionali o affidarli a titolo gratuito ad associazioni o cooperative per finalità sociali (leggi la normativa).

Infografica: dalla confisca al riuso degli immobili

Nell'ambito del progetto ConfiscatiBene Sardegna, abbiamo monitorato il riuso dei beni immobili confiscati in via definitiva ed affidati ai Comuni della regione: appartamenti, palazzi e terreni frutto di attività illecite.
Il progetto - sviluppato in collaborazione con Ondata e Libera - ha tre obiettivi: 1) fornire informazioni su cosa sono i beni confiscati alla criminalità organizzata, raccogliere e rendere facilmente consultabili i dati e le informazioni sui beni immobili confiscati in Sardegna e raccontare le storie del riuso (o del non-riuso); 2) fare da "pungolo" alle amministrazioni locali a cui i beni sono stati assegnati, perché competano sulla qualità dei processi di trasparenza e apertura dei dati sui beni confiscati e perché riconoscano il valore dei processi attraverso cui un bene sottratto alla criminalità trova una seconda vita e produce nuove risorse; 3) dimostrare che un bene confiscato può diventare un'occasione, anche di lavoro, per i giovani: come dimostrano alcuni esempi virtuosi raccolti all'interno del nostro dossier sulle best practices a livello nazionale, in cui illustriamo proprio il riutilizzo di alcuni beni da parte dei giovani.

Sardegna: isola felice?

Esistono beni confiscati in Sardegna? Sì, anche l’isola non è immune ai fenomeni di stampo mafioso, a partire dall’anonima sequestri negli anni Settanta e successivamente nei primi anni Novanta all’usura e ricettazione, fino ai tentacoli della banda della Magliana (leggi). L’isola è una terra appetibile soprattutto per chi ha la volontà di riciclare denaro sporco approfittando del turismo e degli investimenti immobiliari, come ha dichiarato la Presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi, durante una visita in Sardegna (leggi).

In Sardegna, i beni confiscati con sentenza definitiva e affidati agli Enti locali dall’Agenzia Nazionale sono sparsi in 16 diversi Comuni: Sassari, Quartu Sant’Elena, Olbia, Alghero, Iglesias, Sinnai, Arzachena, Dolianova, Uta, Dorgali, Muravera, Villasimius, Loiri Porto San Paolo, Golfo Aranci, Lula, Gergei.

Spesso i Comuni li tengono in carico senza nessun progetto di riutilizzo, altre volte riescono ad affidarli ad associazioni e, in questo modo, i beni sono restituiti alla collettività per fini socialmente utili. Abbiamo raccolto numerosi articoli delle testate locali e nazionali, che raccontano nei dettagli i fenomeni malavitosi che hanno portato alle confische in Sardegna(leggi); abbiamo monitorato i beni per sapere se fossero riutilizzati e abbiamo raccontato le loro storie; contestualmente abbiamo osservato la trasparenza delle pubbliche amministrazioni, obbligate a rendere noti i dati sui beni confiscati, che in molti casi hanno provveduto alla pubblicazione solo dopo il nostro interessamento.
Qui di seguito troverai una mappa della Sardegna in cui puoi visualizzare le storie sui beni confiscati e un'infografica che sintetizza l'impatto delle nostre richieste FOIA sulla trasparenza e l'uso dei dati aperti da parte dei Comuni affidatari.

Beni confiscati in via definitiva nell'isola: 52 immobili, tra case e terreni, affidati a 16 Comuni di tutta l'isola. Quasi due su tre restano inutilizzati


Una precisazione: i beni immobili confiscati in via definitiva in Sardegna secondo i dati Open Re.G.I.O. aggiornati al 27/09/2017 sono 102, ma questo numero si riferisce alle particelle catastali singole e non all'intero bene: nella maggior parte dei casi, un box auto e l'appartamento in cui si trova il box auto, ad esempio, sono formati da più particelle catastali che rappresentano (per l’ ANBSC) due diversi beni confiscati. A questi 102 abbiamo sottratto i beni affidati a Enti diversi dai Comuni (Polizia di Stato, Carabinieri, Corpo forestale dello Stato, Ministeri) e abbiamo aggregato le particelle catastali, ottenendo un totale di 52 beni immobili.

Mappa del riuso

I dati che abbiamo raccolto del nostro monitoraggio (indirizzo dei beni, tipologia, riuso, dati dell'ente gestore, dati sul progetto di riuso) sono consultabili in questa tabella di riepilogo. Nella mappa che segue è possibile leggere le storie che abbiamo raccontato a partire da questi dati. Le storie dei beni restituiti al patrimonio pubblico, di beni non riutilizzati e di amministrazioni inadempienti. Per realizzare la mappa, è stato utilizzato un dataset open che ci consente di rendere, a nostra volta, riutilizzabile la nostra mappa, aperta ad altre possibilità di riuso, integrazioni e contributi.

Le richieste FOIA

Per conoscere lo stato attuale dei beni confiscati in Sardegna il punto di partenza è stato il dataset elaborato da Open Re.G.I.O., piattaforma ufficiale dell’Agenzia Nazionale per l’Amministrazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata (leggi), da cui abbiamo appreso quali fossero i Comuni interessati, nei siti dei quali abbiamo verificato che fossero presenti (come previsto dalla normativa) i dati in formato aperto riguardanti i beni e il loro riutilizzo. Nella maggior parte dei casi la sezione amministrazione trasparente non presentava affatto i dati, e solo in rari casi potevano ritenersi completi. Il passo successivo, quindi, è stato inviare ai Comuni le richieste Foia (leggi) per l’accesso ai dati in formato aperto e la conseguente pubblicazione sui loro siti: abbiamo utilizzato il modello Foia-pop (www.foiapop.it) che permette di compilare in maniera semplice ed intuitiva le richieste di accesso, in questo caso un accesso civico generalizzato. L’invio alle amministrazioni è avvenuto sia tramite mail semplice che tramite PEC. Alle richieste, come previsto dalla legge (d.lgs 33/2013), i Comuni sono obbligati a rispondere entro trenta giorni dall’inoltro delle richieste ma in molti casi, o per mancata risposta o perché la richiesta era stata accolta solo parzialmente, è stato necessario inviare una richiesta di riesame, per la quale il termine è di 20 giorni. (Leggi la normativa di riferimento)

L’impatto delle nostre azioni c’è stato: abbiamo registrato molte inadempienze iniziali, alcuni comuni non hanno risposto nemmeno al secondo sollecito, ma in molti casi abbiamo riscontrato la pubblicazione o l’aggiornamento dei dati proprio a seguito delle nostre istanze. (Leggi il riepilogo di tutte le richieste inviate e delle risposte ricevute)

Infografica: le richieste foia inviate e l'impatto dell'inchiesta

Il progetto

Questo lavoro è stato realizzato - nell'ambito dell'insegnamento di "Comunicazione e Partecipazione Politica" dell'Università di Sassari - da Elisa Mulas (project manager), Claudia Casu, Sara D’Angelo, Laura Dettori, Valeria Dettori, Giorgio Fois, Maria Roberta Orrù, Stefano Sanna e Mattia Serra, con il coordinamento di Laura Iannelli e di Andrea Nelson Mauro.

L'inchiesta, che si è focalizzata sulla Sardegna, è stata sviluppata in collaborazione con il progetto nazionale ConfiscatiBene, curato da Ondata e Libera.

Nel realizzare l’inchiesta ci siamo posti due domande di fondo: ci si è chiesti in quale stato fossero i beni confiscati e ci si è interrogati sulla capacità della Pubblica Amministrazione di essere trasparente e di agevolare la conoscenza dei cittadini. Dal punto di vista organizzativo abbiamo scelto di affrontare tutte le fasi di lavoro senza attribuire ruoli specifici all'interno del gruppo, per far sì che il progetto rappresentasse, per tutti, un'occasione di apprendimento di molteplici conoscenze e competenze. Un membro del gruppo ha avuto il ruolo di project manager e ha quindi coordinato le azioni dei colleghi secondo un cronoprogramma che ha previsto la raccolta dei dati dei Comuni tramite richieste FOIA, richieste di riesame e contatti telefonici o via e-mail; contestualmente abbiamo affrontato la fase scouting in cui alcuni hanno approfondito la normativa nazionale, alcuni hanno catalogato le notizie della stampa nazionale e regionale e alcuni hanno raccolto significative storie di riuso nel contesto nazionale, come stimolo per future iniziative locali. Di seguito il dossier "Best practices" che raccoglie nove esempi italiani di buon riutilizzo di beni confiscati gestiti da cooperative e associazioni, con l'obiettivo di favorire l'occupazione per esempio di giovani e migranti.

Dall’incrocio dei dati e delle informazioni raccolte hanno pian piano preso corpo le storie di riuso, di confisca o di trasparenza che ci hanno appassionato, spingendoci in certi casi a recarci sui luoghi per vedere di persona gli immobili raccontati. Le storie costituiscono la nostra mappa: per geolocalizzare i comuni rappresentati sono stati utilizzati: le coordinate geografiche estratte da OpenStreetMap e gli OpenData dei perimetri amministrativi comunali dal sito OpenData di Regione Sardegna. Durante i mesi di realizzazione abbiamo sviluppato nuove conoscenze e competenze relative ai rapporti tra i cittadini e le amministrazioni pubbliche, agli open data come strumenti di trasparenza, partecipazione e collaborazione, al riuso dei dati aperti attraverso il data-driven journalism, alla visualizzazione e georeferenziazione dei dati, all’organizzazione del lavoro in team.

E se hai letto fin qui e vuoi sapere chi siamo...

...puoi dare un'occhiata a questo video :-)